Don Serra, il parroco letterato
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- Ultima modifica il Giovedì, 11 Giugno 2020 15:46
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Sarroch in ginocchio: l'incendio all'aia del 26 Luglio 1950
di Luca Tolu
Nel Luglio del 1950 un grande rogo mandò in fumo i sacrifici dei contadini sarrocchesi. Il racconto di quella terribile pagina di storia locale arriva fino a noi grazie alla testimonianza dell'allora Sacerdote Don Giovanni Serra e di alcune memorie storiche del paese.
In lingua sarda "su mes'e Argiolas" (Luglio) è il tempo in cui, dopo la mietitura, i cereali maturi vengono lasciati riposare sotto il sole in attesa del processo di trebbiatura, che prevede le fasi di battitura della fascina di grano, della separazione della paglia dalla granella tramite la ventilazione e scuotitura e infine della concia e raccolta. "Is Argiolas" erano infatti le aie, i luoghi dove il raccolto essiccava sotto i raggi del sole.
A Sarroch l'area adibita a questa funzione - e che infatti era chiamata "Is Argiolas" - era sita nel punto in cui oggi sorge lo Stadio Comunale intitolato al sarrocchese calciatore del Cagliari Mario Tiddia. In questa piana i contadini del paese depositavano il raccolto. Questo poteva essere grano, altri cereali, ma anche leguminose come ceci, fagioli e naturalmente le immancabili fave, importanti sia per l'alimentazione e sia per l'allevamento del bestiame.
Quando i tempi erano maturi, già dagli anni venti del 900, una trebbiatrice meccanica interveniva per la separazione della granella dalla pula e dalla paglia. Quest'ultima, veniva poi conservata e riutilizzata per nutrire gli animali.
Un ruolo fondamentale in tale grande spazio adibito ad aia pubblica lo aveva "su castiadori": il guardiano armato di fucile con il compito di vigilare. Il raccolto non veniva, infatti, abbandonato a se stesso, ma controllato al fine di impedire furti e incendi.
Evidentemente però qualcosa non funzionò il 26 Luglio del 1950. Fu una data infausta. Probabilmente una delle tragedie locali più drammatiche del secolo: l'aia pubblica prese fuoco.
Il racconto dettagliato di quei momenti arriva fino a noi grazie a Don Giovanni Serra, all'epoca giovane sacerdote di Sarroch. Don Serra era originario di Sammassi, classe 1914. E' ricordato come un Parroco "letterato", che si laureò in Lettere e nel proseguo della sua vita divenne autore di saggi e ricerche sulla storia della Chiesa sarda. Fu Sacerdote di Sarroch dall'Ottobre 1944 al Gennaio 1952 e dovette affrontare anch'egli la drammaticità di ciò che accadde in quell'infuocata giornata di Luglio.
Don Serra, nel registro parrocchiale scrisse pagine toccanti che raccontano lo stato di disperazione nel quale cadde la comunità. Scrisse che "mai la popolazione ebbe prova più grande: tutto il suo raccolto ammassato nelle aie per la trebbiatura è in preda a un violento incendio". Fu un lutto generale dove "il popolo in lacrime si riversa in Chiesa a domandare pietà al Signore".
Il rogo si sviluppò nel pomeriggio. Un forte vento di maestrale impedì alla popolazione, subito accorsa ai rintocchi delle campane, d'intervenire per "salvare il salvabile", mentre troppo tardi arrivarono i vigili del fuoco. Insieme al raccolto prese fuoco anche la trebbiatrice trovatasi nel luogo.
Gino Perra, all'epoca lavoratore nell'orto degli Spano nelle vicinanze de "Is Argiolas", ricorda bene l'accaduto. Il fuoco si sviluppò dalla trebbiatrice che proveniva da un'azienda de La Maddalena a Capoterra, il cui motore necessitava di essere scaldato con il fuoco di un cannello collegato ad una bombola a gas. Qualcosa andò storto e le fiamme alimentate dal vento iniziarono la propria opera distruttiva. Gino Perra racconta che quando i pompieri arrivarono calcolarono male le distanze tra l'aia e il mare di Porto Foxi dal quale attingere l'acqua, non riuscendo pertanto ad intervenire in tempo utile. Furono prosciugati tutti e tre i pozzi siti nei terreni adiacenti al campo, ma soltanto quando arrivò un secondo mezzo dei pompieri con l'attrezzatura più adatta si riuscì a sconfiggere il fuoco. Ormai, però, era troppo tardi.
Riscopriamo il Segno della Croce e la Santissima Trinità
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- Ultima modifica il Sabato, 17 Ottobre 2020 19:35
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“Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, queste semplici parole sono state pronunciate su di noi al momento del nostro Battesimo, con il quale la nostra vita è stata posta proprio sotto il segno della croce di Gesù.
E’ un segno da riscoprire perché è il primo simbolo cristiano tracciato su di noi al momento del Battesimo. E sarà l’ultimo segno che tracceranno su di noi, quando tutto sarà finito. Siamo nati in questo segno e moriremo in questo segno. Tutti i doni più grandi della vita sono accompagnati da questo segno. Il segno della Croce è quindi il “distintivo” dei cristiani, una sintesi di tutta la fede.
Nel segno della Croce, con le parole esprimiamo l’Unità e la Trinità di Dio. La festa della Santissima Trinità ci fa contemplare il mistero di Dio che incessantemente crea, redime e santifica, sempre con amore e per amore.
La Trinità testimonia la reale onnipotenza dell'Amore divino, che in se stesso armonizza l'individualità e la comunione, in modo che l'una né l'altra diventino categorie esclusive.
Un vincolo d'amore che coinvolge anche ciascuno di noi, che per mezzo del Figlio raggiungiamo il Padre per l'opera dello Spirito Santo, e che dai Tre veniamo sedotti, avvinti e affascinati affinché la vita in Dio diventi anche la nostra vita.
I volontari si raccontano
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- Ultima modifica il Giovedì, 04 Giugno 2020 17:10
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«Durante l’emergenza coronavirus, sono emersi dei bisogni fino a questo momento a noi sconosciuti, mentre una buona parte delle persone che solitamente sosteniamo non si è presentata, probabilmente per la paura di uscire di casa. Alcune nuove famiglie ci hanno chiesto un sostegno attraverso dei beni alimentari. Ci pare che i servizi sociali del Comune abbiano dato sufficienti risposte attraverso i bonus spesa.
Inizialmente ci sono stati due casi sospetti in paese, due operai dipendenti di imprese di manutenzione nel polo industriale di Sarroch, con sintomi simili al coronavirus. Ma i tamponi che sono stati eseguiti hanno dato esito negativo, rasserenando il clima. Ad oggi non risulta nessun caso nella cittadina. La Saras S.p.A. ha sempre lavorato, punto di forza economico di Sarroch, ma con il passare dei mesi bisognerà vedere come si evolverà la situazione per le famiglie del paese».
I volontari della Caritas parrocchiale S. Vittoria Vergine Martire, Sarroch
Diamo voce alle nuove risposte dai territori
«Per descrivervi l’esperienza che abbiamo vissuto in questo tempo, vorrei iniziare raccontandovi un aneddoto. Nel giardino della canonica ci sono degli alberi di arance. Durante il lockdown avremo voluto coglierne i frutti, ma non è stato possibile subito, perché delle api avevano fatto il loro alveare. Vorrei iniziare la mia condivisione proprio con l’ immagine dell’ape operosa, che lavora per produrre il frutto dolce del miele, nonostante tutto ciò che accade intorno a lei. Mi ha fatto pensare alla Chiesa ed in particolare alla Caritas. Non è stato possibile celebrare le Messe pubblicamente per la misura del distanziamento sociale, eppure c’è stato chi in prima fila - tra cui medici, infermieri, volontari – ha continuato la sua opera che, sono certo, darà frutto.
Il gruppo della Caritas parrocchiale si è notevolmente assottigliato numericamente, rendendo necessaria una nuova organizzazione. Gli operatori più anziani, che ricevevano puntualmente tutte le indicazioni da parte di Don Marco, direttore della Caritas Diocesana, hanno compreso che era meglio restare a casa. Grazie alla generosità dei singoli cittadini abbiamo ricevuto le donazioni sufficienti per poter rispondere a chi ci chiedeva un aiuto, continuando la distribuzione dei generi alimentari.
All’interno di questa situazione di emergenza si è realizzato come frutto, la formazione a distanza per la creazione del centro di ascolto, che è molto importante in quanto permetterà una nuova impostazione, più realistica e fedele ai bisogni del territorio. Il percorso di conoscenza e formazione era iniziato, grazie alla disponibilità del Laboratorio Promozione Caritas, nella sede della Parrocchia a febbraio. Poi è stato sospeso per le restrizioni agli assembramenti ed ora è stato possibile realizzarlo con nuove modalità Skype. Grazie a tutti gli operatori che hanno perseverato».
Don Stefano Macis, S. Vittoria Vergine Martire, Sarroch
A cura del Laboratorio Promozione Caritas, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. , 3407530558
Senza lo Spirito si torna alla terra
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- Ultima modifica il Martedì, 02 Giugno 2020 14:16
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La Pentecoste di quest’anno, flagellata dal coronavirus, si presenta come evento salvifico più ravvicinato in cui lo Spirito fa risorgere i cuori impedendo il contagio della perdita della speranza. Emerge di giorno in giorno, sempre più il caos che si riversa nell’economia in primis, facendo crescere il disagio in tutto il mondo.
Abbiamo bisogno di salvezza integrale: salute, fraternità, solidarietà, condivisione. La nostra umanità, messa a nudo da un piccolo virus, ha bisogno di cambiare per vivere una vita nuova. Ma intanto sperimenta come è difficile cambiare.
Anche oggi, Cristo manda lo Spirito Santo affinché cambi il cuore degli uomini. Lo Spirito Santo illumina, dà forza e crea unità.
Crea in me o Dio un cuore puro, un cuore che si lascia conquistare dallo Spirito Santo.
Un nuovo inizio
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- Ultima modifica il Sabato, 17 Ottobre 2020 19:36
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Il mistero dell’Ascensione inaugura e fa decollare il tempo della Chiesa. Esteriormente nulla è cambiato sulla terra. Ma tutto è cambiato nella vita degli apostoli e dei discepoli e, conseguentemente, nella storia umana: Gesù il Cristo è risorto e accompagna il cammino della sua Chiesa e della umanità intera.
Il racconto non è quindi una conclusione, ma un principio: niente finisce, tutto comincia.
L’evangelista Matteo, più che soffermarsi sulla descrizione del modo nel quale Gesù sale al cielo, lascia ai credenti indicazioni sul modo nel quale Egli continua ad essere presente “tutti i giorni, sino alla fine del tempo”.
A Lui “è stata data ogni autorità” da Dio quindi, ci si può fidare delle sue richieste, anche se sembrano al di fuori delle nostre possibilità.
La missione cristiana, la missione della chiesa può avere successo solo se si appoggia alla forza di Dio, una forza che il Padre dona al Figlio nella Resurrezione.
Dal giorno dell’Ascensione, Cristo agisce attraverso di noi dunque è necessario prendere coscienza di questa meravigliosa vocazione della Chiesa e quindi di ciascuno di noi.